L’uomo che si dirige verso l’ingresso del grattacielo è l’Uomo del Millennio. È indaffarato, parla al telefonino e ha una ventiquattrore nella quale è contenuto tutto il necessario per affrontare una tipica giornata lavorativa nel nuovo millennio. Arriva direttamente dall’aeroporto, non vive a Perth, almeno non stabilmente. Questa bisogna dirla in inglese: fa fly in fly out. Qui li chiamano Fifo. Lavorare nell’industria mineraria è faticoso, anche se sei ingegnere. Sei lontano dalla tua famiglia o sei costretto a trapiantarla in quella remota località a mille chilometri da casa tua, un posto che ha il nome di uno sconosciuto cercatore d’oro d’inizio Novecento, e allora prendi un aereo e torni in città un paio di volte al mese, per pochi giorni, secondo il tuo roster. Sembra sfuggente, non deve proprio aver tempo per badare a me, uomo comune. Ma non dimentichiamo che l’Uomo in questione è Australiano: crede che tutti noi siamo uguali e che bisogna trattare tutti amichevolmente. Dalla seconda fotografia si nota come in realtà, anche se slanciato con il corpo verso il grattacielo e impegnato in una conversazione, egli ci rivolge uno sguardo di intesa. Se potesse mi direbbe hi, mate.
Il secondo uomo lo segue a stretto giro, e da entrambe le fotografie è possibile scorgergli un sorriso. Come se fosse scolpito. Egli è l’Uomo dell’Immigrazione Europea, giunto dopo la seconda guerra mondiale, a metà del secolo scorso, quando l’Europa si scrollava da dosso le brutture della guerra e l’America e l’URSS mandavano uomini sulla Luna. È vestito in maniera elegante, forse non troppo ricercata, con quel cappello dalle larghe tese che ora viene indossato solo da countrymen nell’outback. O da turisti ed eccentrici miliardari. Appare fiducioso: sa che la giornata che lo attende sarà dura ma è consapevole che sarà ricompensato. È giunto nella terra promessa, opportunità per sé e per la sua famiglia. La traversata di trenta giorni su quell’orribile nave non è stata vana.
Il terzo uomo, forse, è quello che ha dato i natali a questa parte di Australia così come è conosciuta oggi. Senza Colui Che Scoprì L’Oro, infatti, Perth e l’Australia Occidentale sarebbero abbandonate a loro stesse, un terzo mondo nel bel mezzo del nulla. Ma non divaghiamo. Da entrambe le foto emergono pochi dettagli. Sappiamo che viene direttamente da quegli anni impigliati tra i due secoli scorsi, ma non si sa se è uno di quelli impazziti nella ricerca dell’oro oppure uno di quelli che ha fatto abbastanza fortuna da avere una città sperduta intitolata a suo nome. Forse è membro direttivo del primo sindacato che allora andava formandosi in Australia. Ve lo immaginate mentre pronuncia God save the Queen con il pugno sinistro alzato?
Il quarto uomo indossa un cappello comprato in qualche fumosa strada di Londra. È appena arrivato dal Continente, e per lungo tempo intratterrà rapporti esclusivamente con la madrepatria, ignorando di essere agli antipodi, in un continente chiamato Oceania, confinante con le tigri orientali che ora cominciavano a ruggire. È il 1829. Poco distante una lapide commemora la caduta di un albero, sul cui esatto luogo è stata fondata la città. E’ un padre fondatore, bisogna portare rispetto alla sua memoria anche se è un ricordo lontano, anche se quell’epoca di convitti e galeotti e di sanguinose repressioni dei nativi non rende giustizia all’odierna Australia, tollerante e progredita. Chi lo sa, forse è il Capitano Stirling in persona!
L’ultimo uomo compare solo nella seconda fotografia. La Storia si è fatto beffe di lui, che pure era stato il primo europeo a mettere piede in Terra Australis. L’aveva chiamata Nuova Olanda, in memoria della lontana terra natia. E poi che è successo? Come mai aveva trovato questa terra inospitale, le sue terre poco fertili e le sue acque non utilizzabili? Come mai ha successivamente esplorato quest’area, mandando indietro resoconti che ora sono gelosamente conservati in biblioteca, e non ha mai pensato di fermarsi? Ci sono poche risposte, la Storia, si sa, non si interroga molto sul destino di chi la Storia non la fa. L’Uomo Olandese venne qui nel 1697, notò i cigni neri svolazzare sul fiume e lo chiamò Swan. Poi tornò a casa.
Post scriptum: l’ultimo uomo c’è ma non si vede, o meglio, non è mostrato. È il più vecchio di tutti: ha 40.000 anni. Ma dell’Uomo Arborigeno e delle sue sventure vi parlerò un’altra volta.